Se c’è un aspetto che mi ha sempre affascinato della scrittura è la possibilità di frugare nell’anima di qualcun altro, vestirne i panni per comprendere quali ragioni lo abbiano spinto a fare queste o quelle scelte.
Ed è questo desiderio di ricerca, di immersione, di immedesimazione che mi spinge ogni giorno ad amare di più il mio lavoro che fa parte di me, del mio essere.
Sarà per questo che non mi pesa mai, neanche ad un’ora così tarda come adesso, lasciare che le parole scorrano dal mio cuore fino ad arrivare ai polpastrelli che scelgono con cura quale lettera pigiare.
Riflettendo sul senso della ricorrenza della Giornata Mondiale della Terra mi è apparsa immediatamente una figura: San Francesco d’Assisi.
Vi chiederete perchè proprio lui o non qualcun altro e la risposta l’ho trovata ancora una volta tra le parole: non le mie ma le sue.
Cos’è infatti il Cantico delle Creature se non il più bell’Inno alla Terra che sia mai stato scritto?
Leggendolo con attenzione si scopre in realtà che il primo ecologista è stato proprio Francesco, rivoluzionario in ogni cellula del suo corpo.
Nella sua “lauda”, primo testo poetico della storia della nostra letteratura, Francesco loda il sole, la luna, le stelle, il vento, l’aria, il cielo, l’acqua, il fuoco in una climax che arriva alla terra definita madre per quella sua capacità di nutrire il corpo attraverso i suoi frutti ma anche l’anima, con la bellezza donata nella gratuità.
Ecco: qui provo ad indossare quel saio lacerato dal tempo e dall’amore elargito a dismisura.
Mi piace pensare che si sia lasciato ispirare anche dalla bellezza di Subiaco per comporre quei versi.
Nei sei mesi che trascorse nella meraviglia verdeggiante di questo luogo ameno, chissà quante volte Francesco avrà sperimentato quel rapimento che solo l’autentica bellezza è in grado di donare.
Mi sembra di vederlo, con i piedi nudi, felice di camminare sull’erba fresca appena spuntata accanto alle acque del fiume Aniene oppure con gli occhi persi tra le colline rigogliose che si mostrano come un pendio non appena si raggiunge il Sacro Speco.