Ci sono parole che riescono ad essere poesia senza far parte di una frase compiuta: hanno una loro speciale magia, basta pronunciarle ed ecco che sono in grado di trascinarci in una dimensione parallela.
La parola “cura” mi ha sempre suscitato questa emozione.
Gli antichi volevano legare questo termine alla parola latina “cor” cioè cuore.
Per questo, nel Medioevo, si è diffusa un’etimologia fantasiosa ma capace di richiamare chiaramente quanto stiamo dicendo.
“Quia cor urat” significa “perché scalda il cuore” dove urat dal verbo latino “uro” vale come consumarsi, ardere d’amore.
Nonostante gli studiosi moderni tendano ad associare al termine cura un’etimologia diversa, la scelta fatta dagli antichi mi affascina perché contiene una profonda verità.
Amare significa prendersi cura, arrivando al punto di consumarsi, di sciogliersi per amore.
Nella mia mente l’atto d’amore è perfettamente rappresentato dalla candela: il suo desiderio di unirsi alla luce la porta al sacrifico più estremo, rinunciare al suo corpo fatto di cera per far emergere la sua anima pronta ad ardere per donarsi.
Ho conosciuto un amore così profondo, ho visto un uomo così perdutamente innamorato della sua amata da sciogliersi davvero per lei.
La sua sofferenza aumentava ogni giorno, iniziando proprio il 23 marzo di cinque anni fa, il giorno del compleanno di Franco Battiato.
Ho vissuto quel dolore con loro, ho visto entrambi consumare la propria “cera” senza mai far mancare all’altro la propria luce e, inconsapevolmente, ho dedicato loro la canzone che potete ascoltare qui sotto, “La cura” di Franco Battiato.
Il suo modo di poetare più che di cantare, quelle parole sussurrate quasi al cuore hanno il potere di condurmi lontano, nel mondo dei ricordi.
Inspiegabilmente però non è il dolore l’immagine che mi arriva ma un abbraccio.
Vedo quell’uomo e quella donna di cui vi parlavo prima abbracciati insieme, difendersi l’uno l’altro nell’illusione di poter vincere la malattia, il tempo che passa e la delusione, silenziosamente, con pazienza.
Il tempo di questa canzone dovrebbe essere il loro spazio per dirsi addio ma Battiato compie la magia.
Quello che dovrebbe rappresentare l’ultimo saluto, con le mani che si sfiorano prima di lasciarsi andare, diventa invece una carezza senza la paura di perdersi ma nella certezza di superare insieme lo spazio e la luce verso l’eterno.
E’ così che fanno gli esseri speciali: sanno prendersi cura, infinitamente.