Diario di Vale, Il diario di oggi

L’Infiorata dell’abbraccio…

Se potessimo scegliere di perderci, come vorremmo che  accadesse? 

In un abbraccio, scintilla di vita per eccellenza.

Perdersi ci fa paura, sempre: sperimentiamo il senso di smarrimento, quella ricerca disperata di una direzione da seguire per ritrovarci.

Nell’abbraccio invece tutto questo svanisce ed è lì che inizia la magia.

I corpi si fanno vicini, le braccia cercano di adattarsi alle curve dell’altro  e nell’istante in cui i due petti si sfiorano si sprigiona un potere.

Vi siete mai chiesti perché l’abbraccio sia fatto per due persone soltanto?

Il nostro petto è un vaso a metà, pieno solo da un lato, quello sinistro dove abita il cuore e solo quando ci abbracciamo il nostro cuore colma il vuoto nel petto dell’altro.

Due cuori battono all’unisono, i respiri si assecondano e ci ritroviamo interi, un vaso finalmente completo.

Eppure per poterci abbracciare davvero ci tagliamo: rinunciamo alle paure, alle insicurezze, le tagliamo via per ritrovarci interi cucendo su di noi ciò che l’altro vorrà darci, in un atto di abbandono e fiducia totali .

Abbracciare allora equivale a “com-baciare”.

Ecco allora svelata la sua essenza: combaciare significa baciare l’altro, non nel corpo ma nell’anima, due entità che si fondono insieme.

Affinché accada dunque bisogna trovarsi in perfetta sintonia, significa aderirsi, far collimare i propri profili con quelli di chi abbiamo davanti come tessere di un solo puzzle.

L’abbraccio infatti è il linguaggio dell’amore, non quello delle parole ma dei gesti istintivi: tutto nasce da questa scintilla magica.

Il sole abbraccia la terra, la luna tentando di raggiungerla abbraccia il mare, il seme si lascia abbracciare dalla terra per sbocciare alla vita e l’uomo abbraccia la donna per rendere il suo grembo fonte di vita, la più dolce delle case.

Questo incontro è forse ciò che più ci è mancato in questo tempo sospeso che abbiamo vissuto ma, senza neanche rendercene conto, abbiamo scoperto abbracci nuovi e più forti.

Quelli precedenti al distanziamento sociale duravano in media 10 secondi e la tradizione vuole che con 4 abbracci al giorno fossimo capaci di sopravvivere a qualunque minaccia.

Meno di un minuto vissuto tra le braccia dell’altro per avere in cambio vita!

I secondi dell’abbraccio dunque sono unità di misura strappate al tempo per essere trasformati in unità di misura dell’amore, il motore del mondo.

Con questo sconvolgimento invece abbiamo portato via alla clessidra del tempo ore, giorni, mesi: se è vero che i corpi sono stati distanti infatti, i cuori non sanno cosa significhi allontanarsi.

Questa è la forza dell’amore: sfidare i limiti, sorvolarli senza saltarli perché non l’amore non si affatica, trova strade inaspettate dove spesso non riuscivamo a percepire neanche l’inizio di un sentiero.

Forse allora gli abbracci sono il dono che Dio ci ha fatto per farci assaporare concretamente una briciola del suo amore, una carezza dal cielo ogni volta che sapremo chiederla.

In questo tempo in cui siamo costretti a rinunciarci allora promettiamo a noi stessi di riscoprire il valore dell’abbraccio: ciascuno di noi è un vaso che aspetta di sentirsi al completo, sicuro perché custodito con amore!

Quest’anno ci sentiamo tutti vasi incompleti: percepiamo l’assenza dell’abbraccio con la nostra città.

Ci manca l’odore della segatura mescolata con le tempere, gli incontri presso la Sala Braschi e quell’esplosione di colori che avrebbe dovuto invadere le vie di Subiaco oggi, per il Corpus Domini.

Ora più che mai però vogliamo essere segni vivi di presenza di Cristo fatto corpo,

desideriamo renderci testimoni del suo amore portando colore dopo il periodo grigio della malattia,

della preoccupazione e della morte per via del Coronavirus.

Possiamo essere noi, ogni giorno,

quella segatura colorata con cui arricchire la città e farci segno bello di presenza… 

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