Se c’è un aspetto che amo dei piccoli paesi come la nostra Subiaco, è senza dubbio l’attaccamento alle tradizioni, ai piccoli ma preziosissimi momenti di comunità rionale.
Nel corso degli anni divengono appuntamenti attesi, sentiti dai cittadini che si prodigano per dimostrare che la storia dei piccoli borghi parte dalla salvaguardia e dalla tutela di questi momenti identificativi.
È esattamente in quegli istanti che l’aria di comunità si può respirare davvero: senza divisioni, senza gara al più forte ma semplicemente e meravigliosamente tutti insieme.
Oggi ad esempio, nel mio Rione, si sarebbe dovuta svolgere la tanto amata festa per la Madonnina: non un giorno qualunque in effetti.
Il 13 maggio coincide infatti con l’apparizione della Madonna di Fatima ai tre bimbi Lucia, Jacinta e Francisco, intenti a badare alle loro pecorelle.
Proprio il 13 maggio del 1988 che precisamente era un venerdì, nel Rione in cui abito, fu portata una statua della nostra Mamma Celeste che da quel momento è diventata un riferimento per tutti i residenti e non solo.
Non so davvero quante volte, per spiegare dove abitiamo, tutti noi ricorriamo alla frase:
“Hai presente dove si trova l’edicola della Madonnina?”
Ecco, questo per dimostrare l’attaccamento a quella statuina che ci stringe ogni anno attorno a Lei.
Oggi ci saremmo ritrovati tutti sotto quel Manto Celeste: il nostro Don Mariano avrebbe recitato il Rosario con la Santa Messa e poi avremmo condiviso un momento di festa.
Ciascuno di noi di solito preparava il dolce che gli veniva meglio, si ordinava un pò di pizza, qualche bibita: insomma un momento di comunità vissuto nella straordinaria semplicità.
L’emergenza del Covid-19 ci ha strappato tutto questo e soprattutto la preparazione che precedeva quanto vi ho descritto.
Dovete sapere che l’edicola della nostra Madonnina sorge al centro di un bivio: da un lato solitamente viene celebrata la Messa quindi tutto è vestito a festa.
Una pioggia di rose bianche e blu, realizzate a mano e attaccate con premura ad una tenda bianca, faceva da sfondo all’altare improvvisato con amore.
Non potevano mancare le composizioni di fiori, anche quelle frutto delle mani delle donne che ore prima si mettevano all’opera.
Infine, davanti all’altare, veniva realizzato sempre un cuore con i petali delle rose dei nostri giardini.
Direte voi che non c’è niente di straordinario.
La risposta che sento di darvi è che, a volte, l’ordinaria semplicità cela in sé la straordinarietà.
Sembra un gioco di parole ma avreste dovuto vedere gli occhi di tutti quelli che abitano nel mio rione, quando hanno realizzato che quel momento per la prima volta dopo anni non ci sarebbe stato.
Ci sentiamo quasi privati di un rito e non perché si tratti di qualcosa che ha ormai preso il gusto dell’abitudine, al contrario.