La nostra vita è una costellazione di emozioni: sono l’essenza più vera di noi, quella che spesso fatichiamo a mostrare.
Lasciarle trapelare significa mettersi a nudo, diventare vulnerabili e forse è proprio questo che ci fa paura.
Eppure, ce n’è una che sembra riconnetterci al centro del nostro cuore, che sembra essere capace di ricomporci: mi riferisco agli abbracci…
L’abbraccio è il primo linguaggio non verbale che impariamo appena veniamo al mondo: usciti da quel ventre caldo, l’impatto con l’aria ci spaventa perchè ci fa piombare in una dimensione totalmente nuova.
L’immediata reazione è quella di un pianto che però, in modo quasi magico, sembra bloccarsi non appena le braccia della nostra mamma ci stringono.
Ritroviamo quel calore dal quale siamo appena usciti, quella colonna sonora del suo cuore che per 9 mesi ha rappresentato la più dolce ninna nanna…
Ecco allora che l’abbraccio diventa verbo: pur non sapendo parlare, il bambino instaura un dialogo con quel corpo che gli ha dato la vita.
Ho sempre creduto che sia per questo che l’abbraccio accompagni la nostra vita negli attimi più importanti.
In un abbraccio ci si ritrova quando ci si sente perduti, è nell’abbraccio che si condividono le gioie, i dolori, che il nostro cuore sofferente sembra ritrovare il ritmo giusto per tornare a battere.
Mai avremmo pensato di vedercene privati: eppure è da quasi 12 mesi che viviamo senza questo gesto così naturale e così prezioso.
Per la prima volta oggi, nella giornata mondiale che lo omaggia, ricorre un compleanno senza festeggiato:
non ci saranno abbracci a ricordarne la meraviglia che è stata riconosciuta a livello mondiale al punto di dedicargli una data tutta sua.
Sono convinta però che presto torneremo ad abbracciarci e, se è vero che si apprezza qualcosa quando la si perde, non vivremo più quelle emozioni dandole per scontate.