Sono giorni che l’Italia vive con il fiato sospeso l’elezione del suo volto a livello nazionale, europeo ed internazionale e, dopo l’epilogo di oggi, è doveroso fare delle riflessioni.
Ho pensato a lungo su quale aggettivo poter dare al teatrino andato in scena e alla fine l’ho trovato nel termine “accidioso”.
Ahimè, quanto ho visto in questi giorni si sposa perfettamente con questa parola che non è certo un elogio o tantomeno un complimento.
Se andiamo al suo significato etimologico, alla sua essenza più vera, “accidia” equivale a “privo di cura”, una patologia di cui la politica non soffre per se stessa, per la sua sopravvivenza ma nell’esercizio del suo servizio al popolo, unico vero motivo per il quale si dovrebbe impegnare e che invece sembra dimenticare continuamente.
Ne emerge una politica paralizzata, desiderosa di voler fermare il tempo, incapace di analizzarsi e di comprendere che non è certo questo il momento dell’immobilismo.
L’Italia è in cerca di risposte, le merita dopo l’emergenza che stiamo ancora vivendo e che quella stessa politica sta ridicolizzando, addossandole la responsabilità di ogni scelta.
Quanto sarebbe stato edificante assistere ad un’elezione presidenziale seria, un aggettivo che se scritto accanto a politica sembra essere un ossimoro.
Mai come ora invece occorre proprio quella serietà, è necessario dare nuova linfa a quel termine meraviglioso qual è proprio politica che dovrebbe essere la sorella gemella del popolo, dei suoi bisogni e non la sua matrigna cattiva.
Perchè diciamocelo francamente, c’è un vuoto profondo che i politici stanno sottovalutando, il senso delle Istituzioni si sta perdendo, lasciando dietro di sé solo macerie ed uno scollamento tale che un abisso ormai separa il palazzo da ciò che gli italiani vorrebbero davvero.
Ed io credo che tutti noi vorremmo essere ascoltati, desidereremmo non vedere più quella totale indifferenza, quel disinteresse, quel timore nel prendere una decisione.